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Storia del Massiccio

 Le tre battaglie

Il Sacrario

Zona monumentale Grappa

L'origine delle genti

Grande incenio del Grappa

Zona pra sareser ore 00.30 circa. Gli alberi erano alti 15-20 m, le fiamme il doppio

ore 01.00 circa
Il Fuoco continua la
sua opera

Fuoco zona Pra del Gratarol

A fuoco sterpaglie e pini mughi presso la sorgente delle Meatte


Sentiero delle meatte
Seconda domenica di Gennaio 1991
Ancora un odore acre di fumo

Zona meatte davanti seconda domenica di Gennaio, negli anni successivi
i servizi forestali tagliarono buona parte degli abeti morti

Zona Meatte de Drio dopo venti anni ancora i segni della devastazione

Monte meatte oggi dal sentiero oggi, qualche pianta sopravissuta,
qualche scheletro a ricordo

 

01/01/91- venti anni dopo
GRANDE INCENDIO MONTEGRAPPA


PREMESSA

Il titolo di per se banale mi è venuto in mente utilizzando i motori di ricerca di internet, dove, per trovare qualcosa, ci siamo abituati a immettere dei testi molto sintetici, che in realtà definirei stitici, come del resto è stitica l'attuale volontà di vivere il mondo per l'avventura, nel senso di cogliere ogni opportunità per fare qualcosa al di fuori della norma.
I giovani, da sempre, si sono sempre divisi in varie categorie, Ci sono quelli che stanno intanati a casa per paura del mondo che li circonda, ci sono quelli che il mondo lo vivono solo di notte....., ci sono quelli che vivono nelle regole e pretendono che il mondo sia tutto regolato, ci sono alcuni, pochi, pochissimi che il mondo lo vivono per l'avventura. Io ed il mio amico Fabio di avventure ne abbiamo avute tante, e qui ho il piacere di narrarne una.

CAPITOLO 01

Era il Primo Gennaio, molti la sera precedente avevano fatto baldoria. Qualcuno a casa propria, molti in feste pseudoprivate che all'epoca dovevano essere si autorizzate, ma in realtà era più bello farle abusivamente; si feste con 50 – 100 persone in fabbricati talvolta di fortuna, dove chi organizzava, non doveva preoccuparsi tanto di Siae, antincendio, prefetto, autorizzazione del sindaco e bla bla; ….... tanto chi vuoi che venga a rompere i marroni l'ultimo dell'anno. Ricordo come a volte, per avere la corrente necessaria per il complesso che suonava ci si allacciava abusivamente, con cavi volanti direttamente sulle linee dell'enel . Altri tempi.
Non mi ricordo bene quell'ultimo dell'anno, il 31 dicembre 1990, dove ero? Chi si ricorda ? bho, e poi chi se ne frega .
Per sempre impresso mi resterà il primo gennaio, si il primo gennaio 1991 .
Era parecchio tempo che non pioveva. In montagna pochissima neve, solo una sottile crosta sui versanti all'ombra Un inverno anomalo, come anomali lo sono stati gli inverni degli anni 90', un decennio di inverni piuttosto secchi con poca neve in montagna, ricchi di belle giornate soleggiate, spesso tiepide in pianura e addirittura calde in montagna. Si erano belle giornate. Ma quel giorno qualcuno trasformò una bella giornata in un inferno.
Mi ero alzato al mattino; penso verso le nove, i soliti saluti, gli auguri.
Nel primo pomeriggio prendo l'auto per andare in piazza, a trovare la compagnia, partivo da casa, un punto strategico per vedere tutto il lato sud del massiccio del Grappa.
Parto da casa, volgo lo sguardo verso il Monte Grappa, guardo e penso , tempo bello, mi sarebbe piaciuto andare a fare quattro passi . Ma …....” ma che casso xeo queo “? Quel pomeriggio c'era una novità; Un pennacchio di fumo e fiamme dal “pra dea candarca sul confine dee meate davanti”. In pratica sul margine ovest del prato della malga vedetta si stava sviluppando un incendio, che , con quel secco, si sarebbe potuto immaginare che seguito avrebbe avuto.
Torno a casa, prendo i binocoli bifocali, nel senso che avevano preso una botta e si vedeva in maniera sfasata. A me che ho sempre avuto l'occhio desto mezzo orbo andava bene lo stesso. Con i binocoli punto all'incendio, cosa vedo ? …. il prato..... il fumo …. il fuoco ….. e si ci sono anche loro, quelli dell'AVAB … beh erano in tanti Tanti mezzi e presumo tanti volontari, beh non c'è problema pensai, prima di sera l'avrebbero sicuramente spento.
In quel periodo, di sera, nei fine settimana, andavo in pizzeria a fare l'aiuto pizzaiolo, quel pomeriggio passò presto e alle quattro partii per andare in pizzeria.
La sera come al solito, le solite pizze, qualche distrazione.... alla fine si mangiava una pizza , una birra e poi a casa.
Esco, faccio per salire in macchina, volgo lo sguardo verso il Grappa, pensando, tanto lo hanno spento . Guardo.... e ….. porca vacca, ….. ma che c.. !!! …. , ero a 15 Km in linea d'aria dal prato della Vedetta, si a 15 Km eppure l'incendio si vedeva, eccome se si vedeva.
L'incendio si era propagato su un fronte assurdo, perfettamente visibile da quella distanza.
Quattro anni prima di quell'evento mi ero iscritto presso l'Associazione Antincendio Boschivo di Crespano , Durante il mio primo intervento, in Valle di santa felicita, era morto un volontario, morto bruciato dalle fiamme. Era nato il mio mito del portasfiga .
Già. All'antincendi sono durato solo 3 anni in quanto, come sempre, in disaccordo con capi, capetti e norme vigenti, me ne sono andato.
Da questa esperienza mi erano rimaste due cose. La prima era la voglia di spegnere i foghi, la seconda era lo scopone antincendio.
Quella sera del primo gennaio sono arrivato a casa, d'istinto, senza pensare, ho preso lo scopone antincendio, il PX 125 (vespa) e ai miei ho detto “ el Grappa brusa vao su “.
Con la moto si per evitare blocchi e per non intrigare tutti i mezzi antincendio e vigili del fuoco che avrei trovato lungo la strada che porta in montagna.
Parto in direzione della valle di san Liberale, arrivo a Sant'Andrea, e chi ti trovo ….. un posto di blocco . Strada transennata, e a controllare chi ? … ma il sindaco ! … il migliore che il Comune di Paderno abbia mai avuto , il Sig. G. V. che aveva preso in mano le redini del comune.
Il Sindaco mi vede e mi dice …. no pol passar nessuni! ….. ed io …. tanto vao xu a piè da qualche altra parte …... Il Sindaco... xitu ti ? bhe e ora passa de qua' .
Presi la strada del “salt dea cavara” che portava direttamente in Vedetta.
La prima parte di questa strada era stata costruita negli anni 30 o 40 dalla TOT e si interrompeva a circa metà montagna, era sterrata ma si percorreva bene , con la giusta pendenza, con fondo regolare, fatta veramente bene. La parte alta era stata costruita negli anni 80. Era stata costruita in sostituzione dell'originaria mulattiera, costruita con i soldi del Comune e contribuendo pesantemente al buco di bilancio anzidetto.
Iniziata la strada “ nuova “ buco la gomma …. che sfiga …. .
Avevo la ruota di scorta ma non avevo la chiave da 13. Si la chiave da 13 era rimasta dentro la borsa degli attrezzi della motosega …. che sfiga … ma in realtà una fortuna .
Mi incammino e, di buona lena, salgo, salgo, scorgo l'incendio, salgo e …. e non vedo nessuno, niente , nessun mezzo, nessuno che spegneva le fiamme , nessuno .
Arrivo presso Malga Vedetta, il prato è tutto bruciato, scorgo 3 forse 4 persone, sono figli , nipoti ? Generi ? Del proprietario della malga, che erano accorsi per controllare che le fiamme non intaccassero l'edificio .
Una domanda spontanea mi assalì ….. dove xeo l'antincendio ? …... uno dei presenti mi rispose …... col scuro i xe stati costretti a tornar casa ….....
Poi la seconda domanda ….. ma chi xe stato a darghe fogo ? ….... la risposta fu vaga, ma dai gesti capii che l'incendiario si trovava poco distante.
Mi incamminai per il sentiero delle “Meatte” ….. arrivai alla forcella che porta alla malga Archeson e … e vidi una luce fioca da una delle finestre …. c'è qualcuno in malga !
Mi incamminai verso la malga , arrivai, bussai , mi apri una ragazza, una ragazza che conoscevo, era in compagnia di un gruppo di amici , bocie , ….. facce terrorizzate, forse pensavano che qualcuno fosse andato a prenderli …..
Chiesi se avessero visto qualcosa o qualcuno appiccare il fuoco ….. di risposta …. solo inverosimili versioni su come sarebbe partito l'incendio, chiesi se avevano un “chiave da 13 per la ruota della vespa”. La chiave c'era … , me la diedero, me ne andai salutando.
Ripresi lo steso sentiero, sempre in direzione Meatte . Il sentiero, un inferno, l'aria irrespirabile per il fumo. Il fuoco saliva i canaloni a velocità impressionanti. Bruciava tutto, a destra , a sinistra, sopra e sotto .
Ho cominciato a fare qualcosa a notte fonda. Uno con uno scopone non può fare molto.
Nei dirupi prima delle Meatte gli Abeti sono a gruppi di 3 – 10 piante, queste, quando venivano attaccate dal fuoco bruciavano. Eccome se bruciavano, sembravano pieni di benzina. Non avevo mai visto quel tipo di incendio sul Monte Grappa dove di solito brucia solo l'erba secca sul piede degli alberi e dove tutt’al più a bruciare sono gli arbusti.
Ho localizzato dei gruppi di abeti isolati dal bosco e ho tentato di impedire che il fuoco, che corre sullo strato di erba secca, raggiungesse le piante . Molti insuccessi, qualche soddisfazione, per il resto.... non vidi nessuno.
Nella lotta riecheggiavano nella mia mente le musiche di Wagner, in una lotto per sopravviere e far sopravvivere. Feci qualche foto. Alle 3 e mezza circa, visto che il disastro era incontenibile, ed il giuoco si faceva pericoloso, ritornai sui miei passi.
Tornai sul prato della vedetta e notai che il fuoco aveva “saltato” la strada “del salt dea cavara” e pensai ….. sarebbero bastate 5 - 6 persone per impedire al fuoco di propagarsi veso est , in quanto le 5 – 6 persone potevano stare tranquillamente sulla strada e bloccare le fiamme, ma ovviamente non c'era nessuno.
Verso le 4 ho notato una serie di autobotti salire dalla strada di Possagno. Erano i vigili del fuoco. Si fermarono poco dopo “bocca della forca” e scesero. Con loro anche un personaggio con accento poco nordico, mi dissero che era un viceprefetto ....
Questo personaggio disse :” beh qui non ci stanno case che bruciano. Possiamo andare giù ….. al resto ci penseremmo domani, faremmo intervenire l'elicottero” ….. e poi un' altra affermazione intelligente : “ fortunati siamo … nefica “! . Si nevicava quella notte, nevicava solo in Grappa, era la cenere dell'incendio che bianca e lieve come la neve cadeva al suolo .
Mi incamminai verso le 05 a valle pensando che fortuna la foratura !!! Ovunque l'avessi parcheggiata nella parte alta della montagna, anche la moto sarebbe bruciata !!!
Riuscii a cambiare la gomma e tornai a casa . Arrivato a casa, sporco e puzzolente di fumo, mi buttai direttamente sopra il letto senza nemmeno levarmi i vestiti e stanco morto presi sonno immediatamente.

CAPITOLO 2

Dormo pesantemente, ero stanchissimo. Vorrei starmene a letto fino a mezzogiorno. Infatti, appena prima dell’alba, ho un sussulto. Sassi contro la finestra della camera. Si perchè la finestra della mia camera era poco distante dalla strada, per gli amici che mi chiamavano nelle ore strane, il metodo era quello di tirare i sassi sulla finestra.
Mi sveglio di soprassalto, guardo fuori e chi ti vedo? Un altro ragazzo di Paderno, mio cugino alla lontana e abituale compagno di avventure, Fabio. E’ incazzato. Incazzatissimo. Appena mi affaccio alla finestra mi urla : “ ma no te vedi che xe drio brusar tutto, dai movate che ‘ndemo su “ . Non mi sono neanche accorto di aver dormito . Faccio colazione in piedi, riprendo lo scopone anticendio che ne frattempo si era mezzo consumato.
Carichi di roba che potrebbe servire a spegnere le fiamme, saliamo sul PX e partiamo. Sapendo che ci avrebbero bloccato, facciamo il giro largo per la val Muneghea e dopo una veloce marcia arriviamo al “ pian dea Baea” .
Il fuoco aveva camminato quella notte. Forse meno del previsto, in verità. Probabilmente la corrente serale, che scende dal monte verso il piano, l’aveva risospinto sui suoi passi impedendogli di trovare nuovo alimento. Ma che sarebbe accaduto col l’arrivo del giorno? Il tempo si manteneva bello. E secco. Una vera maledizione. Ad ogni modo, per quanto lentamente, il fuoco camminava.
Ci Assaliva lo sconforto nel non vedere nessuno, ma proprio nessuno, intenzionato a fare qualcosa per combattere le fiamme. Non c’erano neanche curiosi. Non vigili del fuoco, né squadre antincendio.
Conoscendo la conformazione dei versanti ci affrettammo fino alla Forcella delle Meatte. Il fuoco, risalito lentamente il pendio, cominciava a progredire verso la valle delle Mure. Neve non ce n’era. L’erba secca, schiacciata a terra bruciava velocemente. Per fortuna il fuoco, però rimaneva basso, e riuscimmo a spegnere le fiamme sulle aree margianli del bosco.
A quel punto vedemmo l’incendio avvicinarsi ai prati vicini allo “Sponton delle Meatte”, una specie di guglia rocciosa sospesa sopra l’abisso. Pensando di poter estinguere le fiamme prima che si diffondano fino alla vetta del monte Archeson, proviamo ad addentrarci sul sentiero delle “Meatte”. E per un pelo mal ce ne incoglie. All'improvviso, il fuoco guizza in alto su tutto il fronte dai canaloni. Con spaventoso effetto camino sale a 100 all'ora dal fondovalle e finito il canalone, esplode nell'aria come fuochi d'artificio, scaricando tutto attorno quintali di tizzoni ardenti, faville e ingenerando più su altri incendi. La pietra si cuoce, gli alberi di pino avvampano in torce scoppiando con boati assordanti mentre la resina contenuta all’interno dei tronchi brucia generando un calore insopportabile. Io e Fabio ci scambiamo appena una rapida occhiata, mentre tutto intorno piovono scariche di sassi tra le piante in fiamme. Fuggiamo a gambe levate, appena in tempo!! Dopo pochi istanti il fuoco ci supera ed incenerisce in un baleno le macchie dove eravamo fin prima. E non è finita. Le emozioni si susseguono senza dare tregua. Siamo appena arrivati fuori da quel marasma di fuoco e pietre che un nuovo rumore ci mette in allarme. E’ un rombo cupo. Viene dall’altro lato del costone Che il fuoco sia già lassù?
Nemmeno il tempo di appiattirci contro la montagna ed ecco spuntare dalla valle delle mure, un grosso “Canadair” così basso da rasare le piante.
Per noi una grande soddisfazione, finalmente un grosso mezzo che spegne le fiamme.
Si il “Canadair “ era la per spegnere le fiamme. Con un unico passaggio scarica una sostanza rossastra sopra una lunga macchia di Pini Mughi che all'epoca ricoprivano il costone che porta sul monte Meatte. Prima dell'aereo il fuoco lambiva questa macchia di pini ; dopo il passaggio dell'aereo il fuoco cosa fece ? … non ci crederete mai …. in meno di 2 minuti il fuoco divorò l'intera macchia di pino mugo.
Ci guardammo in faccia increduli …… Era ritardante o benzina ?
Dopo circa mezz'ora vediamo un gruppo di persone, anche loro attrezzati per spegnere l'incendio, anche loro abusivi del fuoco come lo eravamo noi.
L'incendio non dava problemi dove lambiva i pascoli di alpeggio, non c'erano ne’ erba , ne’ piante da bruciare. Si spegneva quasi da solo. Bastavano pochi colpi di scopa e le fiammelle basse si esaurivano.
Dopo un poco fu chiaro che da lì l’incendio non si sarebbe propagato.
Decidemmo quindi di andare a vedere se più avanti c’era la possibilità di fare qualcosa.
Seguimmo i costoni fino a malga vedetta. Finalmente trovammo una persona dell'anticendi boschivi, una persona che conoscevo bene, A. T. . Era super attrezzato: tuta, casco, scarponi, radio, macchina fotografica o telecamera che fosse. Aveva tutto, ma proprio tutto. Fuorchè quello che serve per spegnere le fiamme.
Stava lì fermo, in mezzo ad un paesaggio da inferno dantesco, annegato dal fumo. Il fuoco aveva abbrustolito la montagna. Tutto intorno si alzavano volute di fumo nero. La cenere saliva portata dal vento sporcando l’aria di un grigio plumbeo. L’uomo, con la sua bella tuta fresca di bucato spiccava su quella desolazione come un cigno in mezzo ad uno stormo di folaghe. Teneva la ricetrasmittente incollata all’orecchio mentre parlava animatamente. Sembrava molto occupato. Passnadogli vicini potemmo udire chiaramente la conversazione: Tango 16 a Tango 10 (nomi inventati) dove sei. A.T.: sono in località Vedetta ..passo … La radio: come è la situazione passo… A.T.: Qui la situazione è sotto controllo. Allora Fabio ebbe una specie di scatto d’ira. Aveva proprio perso la pazienza. Messosi di fronte ad A.T. gli urlò in faccia: “Ma che casso vuoi controllare quando è tutto bruciato e non ci si vede ad un metro”.
Lasciando l’uomo a chiacchierare ce ne andammo sconcertati verso la strada del “salt dea Cavara.”
Il fuoco, lasciato senza controllo, aveva saltato la strada ed aveva attaccato anche i pendii di Possagno, portandovi la distruzione.
A quel punto non sapevamo davvero cosa fare. Anche perché s’era fatto tardi e Fabio doveva tornare a casa. Scendemmo allora lungo la strada della Vedetta, decisi a tagliare più giù attraverso il bosco, per arrivare a San Liberale senza incontrare troppe persone alle quali dover dare spiegazioni. A circa un chilometro dal salt dea cavara trovammo un’altra postazione dell’antincendio. C’erano sei uomini. Quattro vigili del fuoco e due membri dell’associazione antincendi boschivi. Anche questi equipaggiati come se dovessero andare in guerra. Le fiamme stavano divorando il bosco, appena più su. Loro intanto stavano seduti vicino al mezzo, mangiando panini con il salame e bevendo a garganella da un fiasco di vino rosso. Sembravano allegri e tranquilli. Come se il fuoco non fosse affare loro.
Per quel giorno gli uomini del servizio pubblico, a quanto pare in seguito a precisi ordini dall’alto, non si mossero dalle strade e lasciarono il fuoco padrone incontrastato del monte. Per fortuna, quella sera, gente dei paesi, gente normale, persone qualsiasi animate solo dal loro amore per la montagna, salirono lungo i costoni e le valli. Quegli uomini di cinquanta, sessant’anni, esperti e pratici dei luoghi, dimentichi dei divieti e degli ordini assurdi delle autorità preposte, decise a lasciar ardere tutta la montagna piuttosto di prendersi la responsabilità di ordinare un intervento deciso da parte della macchina appositamente istituita per questo scopo, andarono dove serviva ed attesero l’arrivo del fuoco. Salivano la montagna fin da bambini. Sapevano dove si sarebbe potute combattere le fiamme efficacemente e senza troppi rischi, e lo fecero. Fu gente come Siro Andreatta, suo cugino Tullio, Eli. Andarono da soli o in piccoli gruppi a lottare in una specie di guerra personale contro l’incendio e riuscirono a domarlo. Il giorno dopo io invece dovetti andare al lavoro. Fabio il lunedì partì per Padova, dove studiava all’università.
E ci perdemmo quella lotta. Ma alla sera l’incendio era vinto.
Il fumo continuò a salire ancora per qualche tempo, ma ormai era innocuo.

Giuseppe Zalunardo

Fabio Zancanaro (l'alpin)

Zalunardo Giuseppe e Zancanaro Fabio primavera 2010